mercoledì 24 agosto 2016

Abituarsi al disagio per l'ultratrail col Monoallenamento

Come tanti altri sport, l'ultratrail è vera fatica fisica dove spesso si toccano soglie incredibili per i canoni standard. Non a caso, è abbastanza comune sentire gente che si allena in questa disciplina, affermare di aver oltrepassato la propria soglia del dolore. Nelle lunghe percorrenze a piedi si arriva ad una certa tolleranza della fatica per poi abituarsi e quindi con il passare delle ore se ne raggiunge una nuova ancor più alta, così via per molte volte nell'arco di una sola gara! Certo è che a forza di 'patire' tali situazioni il cervello alla fine si rinforza abituandosi al 'disagio' che ne consegue. La domanda però che voglio far emergere in questo articolo è se esiste la possibilità di pilotare in allenamento tale condizione, per ricreare caratteristiche di tolleranza superiori/simili a quelle che si presenterebbero in competizione o per saper domare tali casi quando se ne presenta la necessità... Voglio suggerire in questa sede tre modi simulatori per riuscirci in modo sistematico e confortevole, senza rischi inutili, a patto di essere una persona sana. Ammesso che esistano degli ultratrailer che possano portare a termine le imprese proposte da questa disciplina senza possedere uno stato di salute impeccabile...

Percorrenze con sovraccarichi:
Più volte mi sono ingegnato sul come fare ad arrivare a rendere più dure le stesse lunghe percorrenze, senza incrementi di velocità. Così dopo alcune riflessioni, ho pensato di applicare con del nastro due pesetti ai bastoncini, da 0,5kg in principio, per poi aumentarli via via... Grazie a questo espediente la fatica provata con soli 10km è stata paragonabile a quella di 20km a vuoto! Poi se il peso trasportato è imponente(2-3kg a bastoncino) il rapporto di percezione può passare facilmente a 10-40 o perfino a 10-50km. Non è comunque tanto la fatica che si prova mentre si sperimenta il sovraccarico ma la sensazione di incredibile leggerezza che si percepisce quando questo viene rimosso per rientrare nella condizione standard. Sembra veramente di volare! Educare il nostro stato fisico ad una condizione di disagio elevato comporterà una performance migliore quando tutto tornerà nella norma grazie ad una percezione della fatica nettamente variata in meglio.
Molti si chiederanno come mai, visto che si corre, i pesi non vengono applicati ai piedi invece di essere posizionati ai bastoncini. Il motivo è da ricollegare all'effetto di ricaduta generale per catena cinetica, legata all'uso della mano... Così il carico in sovrappiù è trasferito a braccia, spalle, tronco, schiena, vita, gambe ed in fine piede. Così la sensazione di disagio è generalizzata sull'intero organismo. Un po' come se si stesse correndo sotto l'influenza di una forza gravitazionale superiore! Mentre applicando delle cavigliere ai piedi ciò non avrebbe luogo, visto che tutta la parte al di sopra di esse verrebbe sollecitata minimamente, oltre a diventare molto fastidiose per via dello sballottolio passo dopo passo.... Questo è più che altro un espediente di natura meccanica per enfatizzare la condizione personale di disagio nella performance.
Esempio di messa in opera:
  1. Corsa 10km con 0,5kg sul bastoncino
  2. Corsa 10km con 1kg sul bastoncino
  3. Corsa 10km con 2kg sul bastoncino
  4. Corsa senza peso 20km
  5. Corsa 15km con 0,5kg sul bastoncino
  6. Corsa 15km con 1kg sul bastoncino
  7. Corsa 15km con 2kg sul bastoncino
  8. Corsa senza peso 30km
  9. ...e così via...

Un discorso simile può essere condotto sul carico nello zainetto, anche se meno pronunciato nel coinvolgimento globale dato che gli arti superiori sono esclusi. Così come la combinazione tra carico al bastoncino più zaino.
Ps. è raccomandato un bastoncino non allungabile ma rigido, dato che passo dopo passo rischierebbe di chiudersi sotto l'impatto del carico!
Percorrenze in carenza alimentare e idrica:
Decisamente più 'estrema' è la soluzione rivolta alla riorganizzazione verso il basso delle risorse nutritive durante gli allenamenti. Infatti la logica di tale approccio è quella di enfatizzare l'efficienza metabolica dell'organismo, rendendolo capace a fare le stesse cose in una situazione di 'carestia' alimentare programmata! Così educando il corpo a funzionare per esempio con solo la metà del cibo ingerito abitualmente e costringendolo a percorrere gli stessi chilometraggi completati dalla routine di ordinaria alimentazione, significherà che si è diventati davvero capaci di 'funzionare' con meno risorse esterne a parità di prestazione. La domanda a questo punto è: Ma se un corpo è capace di percorrere le medesime distanze in uno stato di 'carenza alimentare', cosa potrà arrivare a fare dopo il ritorno alla condizione di vita comune? Certamente anche in questa occasione sarà possibile fare effettivamente di più in una condizione di gara ad esempio, tornando a mangiare e bere normalmente. Ciò accade perché si manifesta una riorganizzazione interna di carattere metabolico dove il corpo viene educato a svolgere le medesime 'azioni' pur avendo meno!
Proposta di svolgimento per allenamento di sabato mattino:
  1. Dimezzare la cena del venerdì, bevendo molto.
  2. Saltare la colazione, bevendo solo un sorso d'acqua.
  3. Mangiare durante la corsa solo quando si arriva al limite della sopportazione, bevendo un solo sorso d'acqua ogni tanto.
  4. Mangiare e bevere normalmente solo ad allenamento concluso.
  5. Portare avanti questa strategia per una sola uscita al mese, tornando alla consueta quantità nutritiva in tutte le altre uscite.
  6. Nuovo ciclo e così via... fino alla gara dove la condotta deve obbligatoriamente essere svolta in una situazione di abbondanza alimentare sostenibile.

Percorrenze 'giocando' sugli indumenti:
Questa è forse la più stravagante ma anche la più attuabile in termini di praticità, dato che è sufficiente gestire i propri indumenti nel modo giusto per incrementare la situazione di disagio durante gli allenamenti. Infatti se sappiamo che la nostra performance competitiva avverrà in una certa condizione 'di gran caldo' allora sarà bene ricreare una situazione in cui gli indumenti innescheranno un buon rialzo della temperatura corporea. Mentre se l'evento sarà invernale(ricordo la Via Lattea Trail, 30km nella neve con sedici gradi sottozero, di qualche anno fa), allora sarà opportuno partire da casa poco vestiti già in autunno; così 'clima gelido o no' bisognerà stringere i denti per arrivare a chiudere gli allenamenti nonostante tutto. Puntualizzo che anche a basse temperature dopo 10 minuti di corsa il freddo praticamente non si sente più, per via dell'aumento metabolico. Dopo tali ragionamenti nel giorno atteso sarà bene non 'fare pazzie' per indossare gli indumenti più consoni alla situazione, con una resa però migliore vista la situazione apparentemente facilitata, dovuta alla preparazione precedente!
Abbigliamento da crisi autoindotta(Es. Disagio del caldo):
  1. Aggiungere un indumento leggero a maniche lunghe, sopra la solita tenuta(prima uscita)
  2. Aggiungere una giacchetta molto sottile ed impermeabile(solo dalla seconda uscita in poi!)
  3. Aggiungere fuseaux lunghi alla caviglia(dalla terza uscita in poi!)
  4. Tornare alla normalità per una settimana e poi gara
PS. procedura inversa per abituarsi al disagio in una competizione con clima molto freddo

Conclusione.
Spero che gli espedienti sopra elencati potranno essere, spero, di spunto per preparare la vostra ultratrail nel migliore dei modi e rendere l'organismo pronto alla eventuale situazione difficile. Le lunghe percorrenze presentano un'infinita serie di incognite e di certo non è possibile prepararle tutte in anticipo. Si può pero giocare sui fattori più probabili e che possono coprire un ampio spettro di disagi concatenati. Ho sperimentato tali espedienti più volte con buoni risultati.
Ma quanto sono masochisti questi ultratrailer?! Buon disagio a tutti in allenamento, per chiudere al meglio la gara più dura che vi aspetta...

Sezioni principali della pagina web dedicata agli ultratrailers:






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